Il Pd e le regole deluchiane

di Andrea Pellegrino

Le regole del Pd deluchiano sono note ormai da anni. Fin da quando in una notte il partito spostò il suo sostegno da
Bersani a Renzi in una delle ultime primarie dem. Un cambio di rotta a trecentosessanta gradi nei momenti in cui alcune
sezioni locali già tenevano affisse i manifesti di Bersani. L’eclatante risultato portò Salerno ad essere una delle città
e poi province più renziane d’Italia, nonostante qualche mese prima il nome dell’allora sindaco di Firenze figurava nella black list, al punto che in una delle sue precedenti visite nel capoluogo cittadino non poté neppure stringere la mano all’allora assessore al bilancio Alfonso Buonaiuto. Ma l’avvento renziano tra le file deluchiane segnò anche la fine dell’opposizione interna al partito. Stavolta con tanto di placet di Matteo Renzi che spazzò via i suoi ‘amici’ della prima ora, tra tutti l’allora sindaco di Giffoni Valle Piana, Paolo Russomando. Un fatto storico e politico che vale la pena ricordare per raccontare anche i giorni nostri in casa Pd, con il partito regionale che viaggia spedito verso un commissariamento. Chiariamoci anche Enrico Letta ha le sue responsabilità politiche. D’altronde, più che Renzi, è stato proprio lui a concedere tutto a Vincenzo De Luca: dal sottosegretariato al Mit nel suo governo fino alla nomina di Piero De Luca a vicecapogruppo alla
Camera dei Deputati. Gli strappi annunciati interni ed esterni, fino ad ora, si sono sprecati ma mai nulla hanno portato. Anche le esclusioni per ben due consiliature regionali di Mario Casillo (mister preferenze) da ruoli di governo regionale non hanno mai smosso le acque interne ai dem. Ora la resa dei conti si concretizzerebbe solo per un motivo: le prossime elezioni politiche che più delle altre portano con sé diversi elementi inediti. Tra questi il taglio dei parlamentari, con la conseguente riduzione della pattuglia di deputati e senatori e le mani di Vincenzo
De Luca su Napoli dopo l’elezione di Manfredi. Detto in politichese l’attuale governatore della Campania potrebbe decidere oltre che le liste a
Salerno (già belle che fatte, con il figlio capolista) anche quelle di Napoli. Il che potrebbe comportare un caso Caserta bis, ossia quando l’elezione di Piero De Luca (per- dente sull’uninominale di Salerno ma vincente sul proporzionale casertano) ha spazzato via la deputazione dem di quella provincia. Immaginando per assurdo, non è neppure escluso che De Luca voglia arrivare allo scontro totale preparandosi, poi, ad un suo impegno diretto alla guida del partito, seguendo quel percorso che la scorsa volta venne tracciato da Emiliano. De Luca fisserebbe 10 per cento, la quota necessaria per definirsi corrente e determinare politica- mente, comunque, le sorti della Campania dove attualmente, nonostante le dimissioni in massa dall’assemblea regionale, mancherebbe una valida alternativa interna. Insomma
quel che accade, nelle istituzioni, da anni a Salerno ma anche in Regione Campania.

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