di Luigi Cerciello
Era un ragazzo che militava nella gioventù missina, era del sud, era di Salerno. Un giovane dall’aspetto e dal carattere mite ma risoluto. Voleva laurearsi in filosofia prima che una grave malattia gli invalidasse la vista. Era il 7 luglio di cinquant’anni fa e si stava ritirando a casa condividendo un tratto di strada con un amico quando fu barbaramente ucciso: si chiamava Carlo Falvella. In occasione del cinquantenario di quel tragico giorno a Salerno si sono susseguite fin dalla mattina diverse manifestazioni: un convegno nel Salone dei Marmi di Palazzo di Città promossa dall’”associazione internazionale Vittime del Terrorismo” di cui Marco, fratello di Carlo, è presidente; una messa in suffragio di tutti coloro che come lui hanno dato la vita per un ideale indistintamente dal credo politico; un corteo ed infine un saluto presso il memoriale eretto in suo ricordo nel luogo del suo accoltellamento. Molte le figure di primo piano presenti in questa giornata per onorare Carlo. Oltre ai rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’ordine sono intervenuti Il senatore Maurizio Gasparri, l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, l’ex presidente della Provincia Alfonso Andria, l’onorevole Tino Iannuzzi solo per citarne alcuni. Particolarmente toccante è stato il momento dei ricordi dei suoi più cari amici e poi la richiesta da parte di Livio Miccoli fratello di Claudio Miccoli, colpito a morte a Napoli da estremisti di destra, di intitolare una via della città di Salerno a Carlo.
Carlo era un ragazzo come gli altri, uno dei tanti, uno di noi, portava nel cuore quelle idee e quegli ideali per cui in quel periodo si era pronti a dare la vita, valori oggi da molti derisi. Un giovane appassionato di politica (erano tanti a quell’epoca) in anni difficili di scontri e violenza incontrollata dove il motto a sinistra era: << uccidere un fascista non è reato >>.
Carlo fu accoltellato da un violento anarchico di estrema sinistra (Giovanni Marini) pagando la fede nei suoi ideali con il prezzo più alto possibile: la morte
Il suo assassino se la cavò con pochi anni di carcere grazie ad una mobilitazione nazionale della sinistra che mise in campo il meglio che aveva. Numerosi furono i tentativi di stravolgere gli accadimenti di quel 7 luglio, fu sciorinato il meglio della dialettica dell’epoca e da insigni giuristi e personaggi pubblici, ma ciò nonostante non riuscirono a far passare Carlo per un ragazzo che << se l’è andata a cercare>>.
Da allora ogni anno Salerno ricorda la sua giovane vita spezzata prima ancora di spiccare il volo; ogni anno giovani e meno giovani, i suoi più cari amici si stringono assieme alla sua famiglia attorno al suo memoriale che nonostante lo sfregio del tempo e di una gioventù irrispettosa e provocatoria (molto spesso di sinistra) resiste e ricorda ogni giorno che Carlo è uno di noi e che al suo posto poteva esserci chiunque di noi. Carlo fu vittima della mancanza di libertà di poter esprimere liberamente e senza conseguenze le proprie idee ed il proprio credo politico, indistintamente dal colore, lui come tutti gli altri, fu strumento e vittima inconsapevole dell’odio politico di quei tempi che vedeva nell’altro il nemico da abbattere fisicamente e non l’avversario da battere sul campo da gioco. Fu un periodo che si spera non torni mai più, affidando al ricordo della sua storia il miglior monito per le future generazioni.