di ANDREA PELLEGRINO
«Un messaggio alle giovani generazioni, perché assumano in prima persona l’impegno per rinnovare profondamente la città ». Andrea De Simone, da ‘L’Ora’ presenta il suo “Ritratto d’amore per la politica e per Salerno”, un taccuino di quaranta pagine che contiene la sua storia politica e un messaggio per il futuro. Mercoledì la prima del libro che sarà allegato al nostro giornale e l’avvio, giovedì pomeriggio, delle presentazioni. «Non c’è nessun nesso con le imminenti scadenze elettorali. E’ solo un caso che sia stato pubblicato in questo periodo storico. Parlo della mia storia ma non è una autocelebrazione. La mia esperienza personale e gli incarichi che ho ottenuto grazie ad un larghissimo consenso elettorale siano da incoraggiamento per i più giovani. E’ possibile farcela. Nelle “Primavere dei confronti” non ci saranno politici ma solo ragazze e ragazzi, mondo civico e dell’associazionismo. Io rispetto i partiti ma essi sono solo una parte. Anche loro possono rigenerarsi ma devono aprire
porte e finestre per far arrivare una ventata di aria nuova».
Nei mesi scorsi il suo nome è stato comunque nella rosa dei candidati sindaci contro l’attuale amministrazione comunale
«Sono onorato di aver avuto sollecitazioni da più parti ed aver suscitato un consenso tra tanti cittadini che mi hanno scritto e incoraggiato. Ma questo tema non è all’ordine del giorno. Le candidature sono il risultato di un percorso che parte dalle idee, dal confronto, dalla verifica delle forze in campo. Speriamo che ci siano persone nuove, possibilmente giovani che si propongono. Io lavoro per questo e perché tutte le proposte siano il risultato di un processo democratico che assicuri la partecipazione di tutti quelli che sono interessati a cambiare e non solo di quelli più vicini ai rappresentanti politici. Penso a forme di convention o primarie, compatibili con le limitazioni delle norme attuali».
Partiamo dal titolo “l’amore per la politica”
«Ho iniziato negli anni ’70, anni di lotte per l’emancipazione dei lavoratori, delle fasce più deboli, degli ultimi. Per me furono anni di significative battaglie. Ricordo la “Vertenza Salerno” promossa da operai, studenti e donne, finalizzata a realizzare piani di edilizia economica e popolare e strutture scolastiche adeguate. Tantissime le assemblee tra operai e studenti nei cantieri del Q2 e Q4, poi diventati quartieri Europa e Italia, mentre si susseguivano affollati cortei tra la zona orientale e piazza Amendola. Momenti di grande passione e formazione furono quelli delle fabbriche occupate: alle Ernestine di via Irno trascorremmo addirittura la notte di Natale con le famiglie dei lavoratori. E ancora i volantinaggi e i capannelli con gli operai, all’ entrata e al cambio turno, della D’ Agostino, della Marzotto, della Landys, della Brollo, della Casarte, della Pennitalia, dell’Ideal Standard, delle Manifatture, delle Fonderie e di tante altre. Questo accadeva quando Salerno aveva ancora un apparato industriale e una classe operaia. Erano gli anni in cui frequentavo i delegati dei consigli di fabbrica che sono stati veri e propri maestri di vita: ricordo, uno a uno, i loro volti, le loro parole, le loro azioni. Una bussola che non mi ha fatto sentire mai solo, che mi ha sempre accompagnato nelle attività politiche ed istituzionali. A vent’anni mi fu chiesto di diventare funzionario. Ero un ragazzo pieno di sogni e grandi speranze. Era il momento di scegliere. Decisi di lasciarmi tutto alle spalle per uno stipendio da metalmeccanico senza orario. In quegli anni, a chi si distingueva per capacità organizzative e qualità umane, dopo le dure esperienze nelle sezioni di base e le impegnative scuole di formazione politica, il Partito proponeva di entrare nel proprio apparato. L’incarico che mi fu affidato era il più delicato: l’organizzazione».
E l’amore per Salerno?
«Della città dove sono cresciuto e dove ho avuto il consenso di decine di migliaia di persone amo la sua storia, le sue tradizioni, il suo mare. E poi c’è la Salernitana: un amore romantico che mi regala gioie e dolori ancora oggi. Per me non è solo una squadra di calcio, bensì “un linguaggio con i suoi poeti e prosatori”, per dirla alla Pasolini. Tra i tifosi esiste la piena uguaglianza, una cosa molto vicina ai miei ideali. No, non sto scherzando, lì siamo tutti uguali. Non esiste l’avvocato, il professore, l’operatore ecologico, il pescivendolo. Nel mondo dei tifosi le classi sociali sono tutte in orizzontale, l’unica cosa verticale è la gradinata dello stadio. Proprio per questo quando ho bisogno di stare in un mondo vero li cerco. Ci ritroviamo in piazza Casalbore al vecchio stadio Vestuti. Mi sento parte di una famiglia che promuove una sana cultura dello sport. Siamo tutti accomunati dall’amore per una maglietta che diventa strumento di riscatto, di orgoglio, di appartenenza ad una città: la mia, la nostra Salerno. Una città-mondo, con tante sfaccettature, che la rendono unica nella sua armoniosa complessità, troppe volte mortificata».
La sua idea di città
«Non ha bisogno di grandi rivoluzioni o stravolgimenti. Raccoglierei i suggerimenti di Renzo Piano che considera i quartieri periferici la “città del futuro, dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee. Per un nuovo rinascimento urbano è necessario rendere vivibili tutti i quartieri, favorire la prossimità, garantire beni e servizi a breve distanza, muoversi a piedi o con mezzi non inquinanti. C’è la necessità di differenziare gli orari per scuole, uffici e negozi. La proposta della sindaca di Parigi sulla “città dei 15 minuti” ha dato vita ad una discussione interessante. Salerno, la nostra amata città, ha tutte le caratteristiche per diventare una città-piattaforma aperta alle connessioni con il vasto territorio della provincia sia sul piano dei processi economici e sociali reali, sia su quello delle politiche pubbliche e della governance. Il modello di sviluppo messo in campo in questi anni è stato un errore. Non di solo case vive l’uomo. Non è il cemento che rende grande una città, bensì la gestione efficiente delle sue risorse. E il
mare è quella più importante. Bisogna migliorare la connessione e l’integrazione del mare con la città. Dietro la narrazione dei primati di Salerno, c’è la storia di un provincialismo di cui nessuno ha bisogno, se non quelli che vogliono raccontare una favola per nascondere gli affari del partito del mattone. È giunto il momento di dire basta. Salerno può e deve candidarsi ad assumere una sua identità all’interno della rete delle città intermedie attivando, sul piano progettuale ed esecutivo, la leva dei finanziamenti europei. Bisogna ripensare e perché no, realizzare una città policentrica, funzionale e complementare, caratterizzata da servizi ed economie circolari, dalla integrazione delle utility e dalla programmazione urbanistica partecipata. Quelli che dobbiamo lasciarci alle spalle sono gli anni dell’illusione collettiva. Salerno ha tutte le caratteristiche per attirare investitori, imprenditori veri, che sappiano incarnare la modernità del nostro tempo in linea con le politiche nazionali di coesione e di recovery fondamentali per la ricostruzione nel post-Covid. Bisogna intervenire sulle disuguaglianze sociali promuovendo un welfare capace di rispondere ai bisogni collettivi mediante servizi efficienti. Oggi più che mai bisogna avere la capacità e la forza di dialogare con gli operatori sociali e culturali, intellettualmente onesti e autonomi, capaci di co-progettare, insieme alla controparte pubblica, processi di rigenerazione urbana. Vi è la necessità non di un uomo solo al comando, ma di una intelligenza collettiva che dia spazio al protagonismo di ampie coalizioni in cui interagiscano e si integrino terzo settore, fondazioni, enti locali e imprese. Bisogna capovolgere la piramide costruendo una sorta di comunità allargata. È vitale in questa fase, più che in altre, prendersi cura in modo collettivo della città in una accezione più ampia che valichi il perimetro di Salerno. Salerno può e deve attrarre forza lavoro e capitali internazionali se attrezza il territorio come un hub di prestazioni innovative funzionali alle filiere turistiche, agroalimentari e della green economy. Una nuova visione di una terra unica che sappia fare del terziario il fulcro della sua trasformazione consolidando servizi alle imprese nel solco di una innovazione hitech aumentando, di fatto, la qualità della vita. Salerno va ripensata a supporto di una transizione, necessaria, in sintonia con la sostenibilità ambientale attraverso un salto tecnologico che necessita di un’economia diffusa, materiale e immateriale. La sfida dovrà essere in linea con una nuova governance urbana che sappia guardare alle disuguaglianze e all’innovazione. Oggi si costruisce il futuro. Siamo giunti al momento in cui dobbiamo osare senza avere paura».