Perché vogliamo le scuole in presenza: un’analisi

Lettera aperta dell’associazione Scuole Aperte Campania per analizzare le motivazioni della loro linea.

Nel più virtuoso dei casi, da marzo 2020 ad oggi, le scuole di ogni ordine e grado della Regione
Campania sono state in presenza soltanto 6/8 settimane, 50/60 giorni in tutto.
Nel caso più virtuoso.
Non così nel resto del nostro Paese.
Eppure, anche lì vi è un’emergenza sanitaria.
Talora con numeri molto molto più alti dei nostri.
Talora con servizi sanitari ridotti allo stremo e non (o non solo) per inefficienza, ma perché, in alcune
Regioni, l’emergenza vera dura da mesi senza sosta.
La Regione Campania non ha vissuto, dati pubblici alla mano, una vera e grave emergenza fin
dall’inizio. Questo poteva essere un vantaggio non indifferente per organizzare nel migliore dei modi,
nonostante tutti i problemi pregressi, una ripresa del sistema scuola almeno da settembre.
E invece.
I dirigenti sono stati lasciati soli a mettere in atto un protocollo di non facile applicazione nella realtà
spesso fatiscente degli edifici scolastici.
Gli enti locali non hanno partecipato (o a volte) in maniera fattiva come se la cosa non li riguardasse.
Allo stesso modo le Asl che non hanno promosso subito Usca dedicate o referenti esclusivi per le
scuole, come pure era stato richiesto dal Ministero.
Ed in tutto questo lungo periodo dichiarazioni e notizie guidate da un solo obiettivo: seminare paura,
talora senza prove, perché di trasparenza dei dati, soprattutto delocalizzati e nonostante gli screening
effettuati, non vi è traccia.
E GLI STUDENTI?
Come si perpetua da anni, così anche in questa occasione gli studenti sono l’ultimo dei tasselli.
L’ultima preoccupazione il loro benessere.
Bambini, adolescenti, ragazzi, sono lasciati a loro stessi in una solitudine che è e sarà sempre più un
doloroso dramma, spesso privati di qualsiasi altra forma relazionale che possa essere anche giocare
in un parco all’aria aperta.
Aumento dei problemi di cyberbullismo, autolesionismo, depressione infantile e adolescenziale,
dispersione scolastica con conseguente rischio di aumento della microcriminalità (spaccio,
prostituzione minorile per citare qualche esempio).
Per non dire dell’aumento del gap formativo tra le regioni del nostro Paese, certo, ma anche e
soprattutto tra ceti sociali, tra città e piccole realtà locali e perfino tra studenti o tra ordini di scuola.
La scuola in presenza, pur con tutti i suoi atavici problemi, garantisce agli studenti tutti, senza
distinzioni, il diritto non solo ad una uguale formazione culturale, ma a vivere in un modo consono
alle singole età.
La scuola in presenza realizza la necessità ed il dovere dell’integrazione per tutti gli studenti disabili
o con bisogni educativi speciali.
La scuola in presenza, pur con tutte le limitazioni che i protocolli giustamente impongono, significa
per gli studenti tutti un luogo di relazioni interpersonali vere e non mediate dai social.
La scuola in presenza significa ri-trovare, in un momento psicologicamente difficile come questo, la
propria dignità come esseri umani (anche nel solo doversi vestire per uscire di casa) e la condivisione
delle proprie paure o semplici difficoltà con l’altro da sé.
La scuola in presenza crea il senso di appartenenza ad un luogo, l’aula, ad un gruppo, la classe, ad un
mondo di relazioni tra pari e con adulti.
La scuola in presenza ristabilisce con forza il ruolo guida dei docenti che non può e non deve essere
demandato o confuso con quello di un genitore.
Tutto questo la virtualità non può e non sa darlo.
Certo, il virus, i contagi, la sofferenza del settore sanitario.
Tutto vero. Tutto sacrosanto.
Ma in momenti di catastrofi prolungate come questa bisogna avere il coraggio di scegliere.

E non sulla base della semplice, individuale, egoistica paura.
I danni, già annunciati da più parti, saranno incommensurabili.
Che fare?
Valutare con razionalità nuova gli eventi, non vivere, come è stato saggiamente scritto, “il rischio
come un evento devastante, ma come una condizione alla quale progressivamente adattarci”.
È questo che ci chiede il momento presente.
È questo che l’Associazione Scuole Aperte Campania chiede con forza.

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