Sul caso Stabia I parla l’avvocato Mignone

di MIRKO CANTARELLA

La vicenda dell’affidamento della M/N Stabia I, affondata tragicamente il 1 gennaio 1979 nel porto di Salerno, che purtroppo divenne la tomba di 12 dei 13 componenti l’equipaggio è balzata in questi giorni agli onori della cronaca in quanto oggetto di interesse della richiesta effettuata da un Consigliere al Sindaco di Salerno sulla possibilità di effettuare un recupero. Abbiamo chiesto all’avvocato Alfonso Mignone, esperto in diritto della navigazione, di spiegarci se questa operazione è possibile e come è disciplinata dalla legge marittima. 

 Recupero di navi affondate cosa dice la legge? 

Prima di entrare nel merito della vicenda occorre ricordare che la disciplina del recupero dei relitti marittimi è contenuta nel nostro Codice della Navigazione, nell’articolo 73, e nel Titolo IV, Capo I negli articoli 501-509.  L’articolo 73 disciplina la rimozione di navi e di aeromobili sommersi e statuisce che in caso di sommersione di navi (o di aeromobili) nei porti, rade, canali, ovvero in località del mare territoriale nelle quali a giudizio dell’autorità marittima possa derivarne un pericolo o un intralcio per la navigazione, il capo del compartimento ordina al proprietario, di provvedere a proprie spese alla rimozione del relitto, fissando il termine per l’esecuzione. Se il proprietario non esegue l’ ordine nel termine fissato, l’ autorità provvede d’ ufficio alla rimozione e alla vendita dei relitti per conto dello Stato. Per le navi di stazza lorda superiore a trecento tonnellate, se il ricavato dalla vendita non è sufficiente a coprire le spese, il proprietario è tenuto a corrispondere allo Stato la differenza. Se il ricavato della vendita dei relitti supera le spese sostenute dallo Stato, sulla differenza concorrono i creditori privilegiati o ipotecari sulla nave. Nei casi d’ urgenza l’ autorità può senz’ altro provvedere d’ ufficio, per conto e a spese del proprietario. Tuttavia per le navi di stazza lorda non superiore alle trecento tonnellate il proprietario è tenuto al pagamento delle spese di rimozione soltanto entro i limiti del valore dei relitti ricuperati. Secondo l’articolo 501, salvo in ogni tempo il diritto dei proprietari di provvedervi direttamente, nel concorso di più persone che, avvalendosi di mezzi nautici, intendano assumere il ricupero di una nave o di un aeromobile naufragati o di altri relitti della navigazione, è preferito chi, avendo identificato il relitto, ne abbia fatto per primo denuncia all’Autorità Marittima competente (Capitaneria di Porto) purché entro l’anno dall’identificazione egli abbia iniziato le operazioni di ricupero senza successivamente sospenderle per un periodo superiore a un anno. L’articolo 502 stabilisce che, una volta intrapreso il ricupero, le operazioni relative non possono essere sospese o abbandonate senza giustificato motivo, quando ne possa derivare un danno per il proprietario del relitto. Entro dieci giorni dall’approdo della nave che ha compiuto il ricupero, le cose ricuperate devono essere consegnate al proprietario, o, se questi sia ignoto al ricuperatore, alla più vicina Autorità Marittima. L’articolo 503 statuisce che l’azione di ricupero, quando siano stati adempiuti gli obblighi relativi alla consegna delle cose ricuperate, dà diritto, entro i limiti del valore delle cose medesime, al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese nonché a un compenso stabilito in ragione del valore delle cose ricuperate, degli sforzi compiuti e dei rischi corsi, del valore dei mezzi e dei materiali impiegati e, se la nave è armata ed equipaggiata allo scopo di operare ricuperi, delle spese generali dell’impresa.  L’articolo 504 descrive l’ipotesi del ricupero senza mezzi nautici e l’articolo 505 stabilisce una prelazione per il comandante della nave, che, subito dopo il naufragio, dichiari di costituirsi capo ricuperatore. Il compenso del comandante e degli altri componenti dell’equipaggio, che hanno cooperato al ricupero, è fissato, in mancanza di accordo con l’armatore e, in relazione al valore delle cose ricuperate, alle fatiche compiute e ai rischi corsi, dall’ Autorità Marittima. Ai sensi dell’articolo 507 il ricupero di navi sommerse o di altri relitti nelle acque della Repubblica può, se ne è prevedibile un utile risultato, essere assunto dall’Autorità Marittima, quando i proprietari delle cose non intendano provvedervi direttamente o non intendano proseguire il ricupero iniziato. Si considera a tale effetto che i proprietari non intendono assumere o proseguire il ricupero quando non ne abbiano fatto dichiarazione entro sessanta giorni dall’avviso a tal fine pubblicato dall’autorità marittima nei modi stabiliti dal regolamento o non abbiano iniziato le operazioni nel termine assegnato, ovvero quando non abbiano ripreso le operazioni sospese entro sessanta giorni dall’invito dell’autorità. Tuttavia il ricupero può in ogni tempo essere assunto dai proprietari, previo rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione. Per l’articolo 508 l’Autorità che assume il ricupero o che riceve in consegna le cose ricuperate, provvede alla custodia delle cose medesime. Durante le operazioni di ricupero l’autorità predetta può procedere alla vendita delle cose, quando non ne sia possibile o utile la conservazione, ovvero quando ciò sia necessario per coprire le spese del ricupero eseguito d’ufficio. Compiute le operazioni, quando il proprietario non curi di ritirare le cose ricuperate entro il termine prefissogli dall’autorità o non si presenti entro sei mesi dall’avviso pubblicato dall’autorità medesima nel caso in cui il proprietario sia ignoto, l’autorità procede alla vendita e deposita presso un pubblico istituto di credito la somma relativa, al netto delle spese incontrate per il ricupero d’ufficio ovvero delle indennità e del compenso spettanti al ricuperatore, nonché delle spese di custodia. Se entro due anni dal deposito gli interessati non hanno fatto valere i propri diritti, ovvero se le domande proposte sono state respinte con sentenza passata in giudicato, la somma residua è devoluta alla cassa nazionale per la previdenza marinara o alle casse di soccorso per il personale della navigazione interna. Nel 2013 venne presentato un Disegno di Legge contenente Disposizioni in materia di rimozione e riciclaggio dei relitti   navali e delle navi abbandonate nei porti nazionali, con il compito di modificare la disciplina codicistica, in particolare gli articoli 73 e 507, ma è rimasto tuttora un progetto incompiuto. 

Quindi cosa si può fare con la nave Stabia I? 

Da premettere che, come tutti sanno, nel porto di Salerno sono in corso le operazioni per il dragaggio dei fondali appaltante dall’Autorità di Sistema Portuale, e che sono trascorsi più di quarant’anni dal naufragio bisognerebbe chiedersi se il recupero sia conveniente dal punto di vista finanziario e se possa portare a qualche utile risultato. 

È giustificata una tale operazione secondo Lei? 

Visto che, non sussistono, al momento pericoli per l’ambiente e per la navigazione e nessuno si è fatto avanti per recuperare il relitto, non vi sono ostacoli a livello normativo. Infatti può trovare applicazione l’articolo 507.  Resterebbe solo da comprendere la finalità da attribuire a tali operazioni – coordinate naturalmente dalla Capitaneria di Porto/Guardia Costiera di Salerno
– a patto che a. si trovi un’impresa o un pool di imprese con il necessario know-how;
-b l’operazione possa dar luogo ad un utile risultato che giustifiichi gli oneri finanziari che essa comporta.

Avvocato Marittimista Alfonso Mignone – Presidente International Propeller Club e scrittore

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