C’era una volta il Corso di Salerno

di Andrea Pellegrino

C’era una volta il Corso. Quello da Re ma soprattutto c’era una volta il salotto commerciale della città di Salerno. Oggi non c’è più e più passano i giorni e più le serrande si abbassano. Colpa della crisi, sicuramente. Così come dell’indiscriminato aumento delle bollette di gas e luce, così come delle materie prime. Ma sullo sfondo c’è anche la sempre più mancata appetibilità rispetto alla città capoluogo. Dopo le storiche marche che nel tempo hanno abbandonato il Corso cittadino, solo negli ultimi giorni si registrano altre chiusure: dalla Geox fino ad una serie di attività nelle aree attigue.

Su quel Corso dalla storica Casa della Penna ne è nato un mega distributore automatico di bevande e snack, sul modello già adottato lungo via Mercanti. La crisi parte da lontano e la Pandemia altro non ha fatto che dare il colpo di grazia. C’è chi parla ancora di “isola felice”, negando che il territorio si sta impoverendo, proprio a causa dell’assenza di commercianti e prima ancora di fabbriche. I centri commerciali – alcuni in crisi – autorizzati lungo la cinta muraria cittadina hanno mostrato, conti alla mano, scelte imprenditoriali ma anche politiche che non hanno dato nessun risultato sperato. Così oltre ad autodistruggersi (è il caso della Fabbrica) hanno minato non poco il commercio di vicinato. Così si contano le serrande abbassate e chi resiste aumenta i prezzi.

La città industriale è andata via da un pezzo portandosi via Ideal Standard, Marzotto, Pennitalia e cosi via; quella commerciale è stretta tra la concorrenza dei centri commerciali ma anche di uno sviluppo di città limitrofe che offrono più servizi e parcheggi a prezzo popolare; quella del turismo stenta a decollare, sia per l’assenza di ricettività e di strutture completa sia per il peso delle due costiere; in ultimo quella del cemento e delle costruzioni su cui hanno puntato le ultime amministrazioni comunali senza, anche in questo caso raggiungere il risultato. In pratica si costruisce sempre di più ma i prezzi restano alti e inaccessibili al punto che la fuga verso Pellezzano o San Mango è sempre più veloce.

A seguire la crisi commerciale è Federcomtur. «Ho ascoltato con sconcerto le parole del presidente di Confcommercio campania che ha chiesto di denunciare i commerciati che sono stati ‘costretti ad aumentare beni di prima necessità’ – spiega Claudio Pisapia, presidente nazionale di Federcomtur – Bel modo di fare rappresentanza: invece di tutelare gli esercenti si vuole usare la forca. Perché non si mettono in campo vere misure per supportare le imprese e i commercianti? Perché non rinunciano alla quota associativa, come facciamo noi?». «In questo periodo di Pandemia i piccoli imprenditori a gestione familiare sono quelli che hanno sofferto di più. Sono stati chiusi, hanno avuto difficoltà enormi, hanno lottato, resistito, combattuto come leoni contro tutto e tutti, hanno aiutato l’utenza con le consegne gratuite a domicilio. Non è ammissibile che un rappresentante delle associazioni sindacali, che dovrebbe tutelare la piccolissima impresa, propone la denuncia, magari una multa e la chiusura», incalza, invece, Beniamino Brancaccio, presidente provinciale di Federcomtur.  Infine c’era una volta il Corso, quello curato e ben tenuto. Anche sotto questo aspetto, è tutta un’altra storia con pavimentazione sconnessa e segni di degrado non degni di un salotto cittadino.

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