Tra Covid e Green Pass: quale umanità?

E’ accaduto qualche giorno fa, una storia che ha dell’incredibile e testimonia di come questa storia del certificato verde stia sfuggendo di mano e sia sempre più nazista che salutista. Una ragazza ha raccontato la sua avventura mentre riaccompagnava il padre a Roma dopo che aveva trascorso il periodo delle festività natalizie da lei.

“Durante il viaggio verso Roma ho pensato di fare una sosta in un bar per un caffè. Entro con mio padre 91enne e ci chiedono come da assurdo decreto legge il super Green pass.  Papà ce l’ha, ha fatto le 3 dosi, io no! Papà ha bisogno di andare in bagno e io lo faccio presente alla ragazza al banco, ma il capo dietro di lei gli fa segno di chiedere prima il famoso pass. Io dico di non averlo e chiedo se per cortesia possono farmi un caffè macchiato caldo con una pasta alla crema e faccio per uscire. Allora mi siedo nel gazebo fuori aspettando papà che con una faccia contrariata, poco dopo, mi raggiunge e, con espressione un po’ persa, mi dice di avere lasciato il green pass (cartaceo vista la sua non dimestichezza con la tecnologia) a casa e quindi non avendolo non gli permettono l’accesso ai servizi. Entro e chiedo spiegazioni, umane se non altro, e il tipo mi risponde che un giorno gli sono giunti ben 6 controlli e, quindi, principalmente per paura, niente bagno. Nel frattempo mi fanno notare che nemmeno nel gazebo esterno si può accedere, per cui ci fanno appoggiare fuori nelle adiacenze del parcheggio, su un tavolino alto di quelli di servizio sponsorizzato mentre il termometro segna 2 gradi. La ragazza del bar arriva con aria mortificata e, scusandosi, mi porta il caffè e il conto dicendomi: “Scusami, la pasta è offerta! Mi sembra il minimo”. Si gira verso papà e gli fa una carezza aggiungendo: “Ci stanno trattando come merde! Hanno fatto battaglie per i cani e ora trattano gli esseri umani come fossero delle bestie. Coi cartelli sulla porta, meno espliciti, ma sempre sostanziali e offensivi!” Io, con la rabbia che mi stava montando dentro e guardando mio padre trattato come nemmeno succede all’ultimo dei clandestini che giustamente accogliamo con UMANITÀ, ho ringraziato e le ho detto che forse non tutto era proprio perduto in questo mare di odio e cattiveria. Papà ha dovuto urinare a 91 anni per strada, con una certa vergogna di chi dopo una vita di fatiche, lavoro e sacrifici si sente mortificato da un sistema sociale per il quale ha lottato. Io personalmente ne avrei da dire… Ma credo che alla fine la coscienza chiederà il conto a molti. E quando ognuno, prima o poi, verrà colpito personalmente o negli affetti preziosi, si ricorderà di questo aneddoto che sembra piccola cosa ma che non lo é, se si ha rispetto e dignità addosso. Dedico questo aneddoto agli amici del ddl zan, agli animalisti, ai moralisti, ai finti buonisti, ai difensori dei diritti umani basilari, ai difensori della violenza sulle donne, alle onlus e alle organizzazioni umanitarie, ed a tutti coloro che, a parole, si indignano per tutto ma che, in pratica, non fanno un c…”

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